29.3.05

The fool on the hill

Reduce da un viaggio di piacere a Napoli e dintorni, spendo qualche parola in merito a una chiaccherata fatta con una cara amica sul mio 'vizietto' di prendere e andarmene per i fatti miei. Lei si 'preoccupava' per me, chiedendosi se non avessi paura, e se non soffrissi di solitudine in determinati momenti di questi miei viaggi. Io ho cercato di spiegarle che la mia scelta di viaggiare da solo è legata a una serie di motivazioni.

Innanzitutto, pianificare un viaggio in compagnia richiede tempo. Il solo riuscire a incastrare le date di tutti, specie ora che siamo 'adulti' e lavoriamo è un'operazione mica da ridere. Inoltre, poichè la pianificazione deve (giustamente) essere concordata, il viaggio stesso è esposto pericolosamente a improvvisi cambiamenti. Poi è difficile mettersi tutti d'accordo sul programma, scendendo a compromessi, che possono lasciare dello scontento.
Viaggiare da solo mi permette alcuni vantaggi, rispetto a queste situazioni. Ho potuto programmare il viaggio all'ultimo momento, prendendo la decisione di andare a Napoli, dopo vari tentennamenti, non più di due settimane fa. Quando ero ragionevolmente sicuro che non ci sarebbero stati imprevisti dell'ultima ora. Ho potuto fare quello che ho voluto; quando volevo visitare palazzi ci sono andato. Quando avevo voglia di dormire ho dormito. E infine, ho potuto utilizzare il treno adattandomi agli schemi delle ferrovie. Programmando cioè coincidenze 'lunghe' senza troppi drammi, e ipotizzando varie possibilità di movimento e vari 'orari di visita' in modo da avere sempre una soluzione di riserva a portata di mano.

Con ciò non voglio dire che non mi piacciano i viaggi organizzati (da tour-operator per intenderci). Anzi, sono convinto che siano altrettanto belli. Ma io, ad esempio, in Scozia o in Islanda ci tornerei volentieri per conto mio, in modo da rivedere quei posti a cui sono più legato, oppure per scoprire zone che il viaggio organizzato aveva 'tagliato'.

E con questo mio discorso non voglio nemmeno dire che non mi piaccia viaggiare in compagnia. Perchè in compagnia ci si diverte un sacco, i momenti di noia si riducono al minimo, si crea una complicità non raggiunta fino a quel momento, si cementano le amicizie, ci si 'conosce' più intimamente. Soprattutto, si ha la possibilità di condividere con persone a cui si è legatissimi esperienze e momenti che, anche per questo motivo, resteranno indimenticabili.

Ho sperimentato sia il viaggio da solo, quello organizzato da tour operator, sia quello con un gruppo di amici. Mi manca ancora un viaggio con fidanzata e un viaggio di nozze e poi dovrei averli sperimentati tutti :-)
La conclusione a cui sono giunto è che, innanzitutto, viaggiare in sè è meraviglioso. Ma dal mio punto di vista occorre 'differenziare' il viaggio (e forse anche i compagni di viaggio) a seconda dell'obiettivo che si vuole ottenere. Come cantavano quarant'anni fa (quaranta!mamma mia!) i Byrds, To everything there is a season...

Esempio personale : All'Oktoberfest di due anni fa mi son trovato benissimo. Perchè i miei due amici ed io avevamo uno scopo comune e condiviso: bere, fare i coglioni e nient'altro. Fossi andato all'Oktoberfest da solo sarebbe stato uno strazio.
Quando ho fatto, sette anni fa, e con gli stessi amici, il viaggio in camper in Europa, è stato altrettanto bello. Ma mi è rimasto il rimpianto di non aver potuto visitare chiese e palazzi di Barcellona, Parigi e Amsterdam, come avrei fatto da solo, perchè con 'quel' gruppo si andava in giro per centri commerciali esexy shop o in alternativa si faceva (tanto per cambiare) i coglioni. Niente di più. Mentre io avrei volentieri coniugato momenti di coglionaggine a un po' di serietà. Ma ero in minoranza e mi sono adattato.
Non che abbia tenuto il broncio perchè non visitavamo mostre di impressionisti e simili, si intende...non credo di essere quel tipo di persona. Però qualche rimpianto, riguardo a quella vacanza, ce l'ho.

Mi sono trovato, a un certo punto, a ripensare a questa conversazione mentre ero sulla collina del Vomero e osservavo lo splendido panorama che mi si presentava davanti. In silenzio ho osservato gli scintillanti riflessi del sole sul golfo, in silenzio ho ascoltato il lieve stormire delle fronde e il cinguettio degli uccelli...per un attimo persino il meraviglioso caos che Napoli riesce ad esprimere in ogni suo vicolo mi è sembrato non esistere.
Certo, dicevo a me stesso, tutto ciò che vedo è splendido, ma chissà come lo sarebbe se avessi al mio fianco degli amici o comunque qualcuno con cui condividere momenti come questo...sono però giunto alla conclusione che non sarebbe stato lo stesso. Perchè soltanto quando si è da soli, secondo me, si riesce a godere pienamente di alcune cose.

Il medesimo discorso vale per molte altre cose. Se ascolto una canzone, che so, Stairway to heaven durante un concerto di una cover-band, la canto anche io urlando a squarciagola insieme agli altri. Se la ascolto sul divano di casa mia, presto l'orecchio alle sfumature, chiudo gli occhi e lascio vagare la mia mente.

A volte mi chiedo se, anche a causa di queste mie convinzioni e 'manie', che per me sono del tutto naturali, non appaia agli altri esattamente come il pazzo sulla collina di maccartiana (e non maccartista) memoria. Forse sì.
Ma la cosa non mi preoccupa. Di gente strana al mondo ce n'è talmente tanta, che uno in più dovrebbe essere tranquillamente ignorato.


...But the fool on the hill,
Sees the sun going down
And the eyes in his head
See the world spinning 'round....

19.3.05

Penny Lane

Parentesi geografico-calcistica, questa volta.
Da juventino nato alla fine degli anni '70 ho un ricordo piuttosto nitido dell'era Platini, con partite eccezionali e alcune brucianti delusioni. Stagione 1982-83: ben stampato nella mia mente è il ricordo il gol di Paolo Rossi a Birmingham contro gli allora campioni in carica dell'Aston Villa. Bettega va sin quasi sul fondo dalla sinistra, poi torna indietro proteggendo il pallone, sbracciandosi quasi spazientito verso Cabrini che saliva ad aiutarlo. Con un gesto evidente (ricordo il braccio sinistro che indicava chiaramente di continuare a salire. Anche un digiuno di calcio capiva quello che sarebbe successo...eppure il marcatore è rimasto spiazzato quando Bettega di tacco ha smarcato Cabrini. Cross al bacio e Paolo Rossi irrompe sul primo palo. Gol. Jue in vantaggio. E poi il monumentale lancio di 30 metri di esterno di Platini per Boniek che, infilatosi come un falco in velocità nel cuore della difesa albionica controlla e insacca. Prima vittoria di una italiana in coppa in casa di una squadra inglese.
Un'azione così l'avrei rivista mille volte a partire da due anni dopo. Lancio millimetrico, Boniek che scatta, viene atterrato prima dell'area, mentre l'arbitro ci assegna incredibilmente un rigore. Che vale una Coppa Campioni. Quella Coppa. Quella di cui ancora oggi mi vergogno. Una macchia indelebile.
Quell'azione non l'ho mai vista in diretta, però. Di quella sera, il 29 maggio di venti anni fa, ricordo l'attesa febbrile della finale di Coppa. Due anni dopo la bruciante delusione di Atene, che mi ha portato a dichiarare un ostracismo totale verso il Galletto Amburghese Vallespluga, la cui pubblicità imperversava in televisione a quei tempi, un'altra finale. Un bambino di nove anni osservava la televisione, il cielo chiaro,il prato verde attraverso lo schermo e fremeva per la tensione. Poi...non mi ricordo più niente. Forse i miei mi hanno fatto la solita camomilla serale e mi hanno mandato a dormire. Immagini di gente sanguinante, o distesa a terra senza vita sono ben presenti nella mia mente, come quelle di un poliziotto belga armato di manganello che allarga le braccia sconsolato come a dire 'che possiamo fare?'. Ma non so dire se è un ricordo che si stampato nella mente allora o se è il frutto delle periodiche rivistazioni di questi anni (ogni volta che c'è un morto allo stadio qualche fotogramma dell'Heysel appare in TV) .

L'avversario di quella sera, questo non è possibile scordarlo, era il Liverpool.

Liverpool per me è...i Beatles, è Strawberry Fields, è un certo locale in Mathew Street.

Ma il Liverpool è anche. . . quella sera.

L'inno dei tifosi del Liverpool, tipicamente, è una canzone composta negli anni Sesanta da Gerry and the Peacemakers, uno dei gruppi più celebri del Merseybeat. C'è stato un tempo in cui nelle serate musicali a Liverpool il nome 'Beatles' era scritto in piccolo, sotto a Gerry & The Peacemakers. Loro erano le star.
L'inno è conosciuto universalmente. You'll never walk alone. Quando il Liverpool gioca in casa, tutto lo stadio intona il ritornello di questa canzone. E' un momento emozionante, che impressiona sicuramente anche le squadre avversarie... il testo è evocativo...perfetto per incitare la tua squadra del cuore. In pieno stile british...

Walk on, walk on
With hope in your heart
And you'll never walk alone
You'll never walk alone

Il 5 aprile di quest'anno sentirò il coro della Kop, la curva dei supportes più accesi, intonare con voce possente questo coro. Sicuramente un brivido mi scorrerà lungo il corpo. Ma non potrò fare a meno di pensare a quella sera di maggio di vent'anni fa...

Liverpool.
La città dei Beatles.
Una città che amo, senza esserci mai stato.
Una squadra di calcio che seguo con simpatia.

Liverpool.
Un nome legato indissolubilmente, per ogni tifoso della Juve, a una tragedia.
A una macchia incancellabile.
A un dolore profondo.

Qualcuno aveva scritto che le porte del paradiso e dell'inferno sono adiacenti e identiche.
Comincio a capire che cosa intendeva. . .

Penny Lane is in my ears and in my eyes
Wet behind of blue suburban skies...
Penny Lane!

11.3.05

I'm so tired

Settimana tremenda. Al punto che alle nove e mezza di mercoledì sera sono andato a dormire. E in quel momento si giocava Juve-Real Madrid. Ma non ho avuto la forza di restare in piedi. Crollavo letteralmente dal sonno.
Devo arrivare vivo sino al 24 di questo mese, quando partirò per Napoli. Quattro giorni da solo a fare il turista. A Napoli ci sono stato un paio di volte,ma non ho mai avuto occasione di fare foto (ero ingiaccato e incravattato ai soliti stupidi convegni). Ora invece posso girare schincio e sfogare le mie velleità di muso giallo. Non mi riposerò, perchè continuerò a muovermi. A piedi, in treno, in metropolitana, magari pure in aliscafo. Ma la cosa importante è che lascerò alle spalle, finalmente, questo mese di merda e avrò la mente libera da qualunque problema o costrizione.
Perchè non è la stanchezza fisica il mio problema, ma soprattutto quella mentale.
Il mio lavoro mi piace, anche se spesso è frenetico.
Ma arrivo a un punto e a un momento in cui sento di dover proprio cambiare aria.
E il momento, per fortuna è quasi giunto.
Già questo mi fa star meglio.

...You know I can't sleep, I can't stop my brain
You know it's three weeks, I'm going insane
You know I'd give you everything I've got
For a little peace of mind...